Filippo Borella

Italia


Filippo Borella si è laureato in Architettura con la tesi “Scultura Oggi” al Politecnico di Milano. Nel 1998 frequenta un corso superiore di scultura, presso il Centro TAM (Urbino), presieduto da Arnaldo Pomodoro. Nel 2003 vince il Primo Premio per la Scultura Arte Mondadori. Nel 1999 fonda lo Studio Trickster per una ricerca artistica nellʼambito relazionale. Nel 2005 partecipa al workshop “Estetica della Resistenza” tenuto da Alfredo Jaar alla Fondazione Antonio Ratti di Como. Si specializza i... [Continua a leggere]

Atelier di Filippo Borella


Informazioni su Filippo Borella


Filippo Borella si è laureato in Architettura con la tesi “Scultura Oggi” al Politecnico di Milano. Nel 1998 frequenta un corso superiore di scultura, presso il Centro TAM (Urbino), presieduto da Arnaldo Pomodoro. Nel 2003 vince il Primo Premio per la Scultura Arte Mondadori. Nel 1999 fonda lo Studio Trickster per una ricerca artistica nellʼambito relazionale. Nel 2005 partecipa al workshop “Estetica della Resistenza” tenuto da Alfredo Jaar alla Fondazione Antonio Ratti di Como. Si specializza in tecniche di progettazione di percorsi e spazi di creatività visuale. Finalista del Primo Premio della Performance Internazionale alla Galleria Civica di Trento con Marina Abramovic. Nel 2007 è premiato dalla Galleria San Fedele e nello stesso anno viene presentato da Luciano Caramel al Premio New York.

Dal 2008 è docente di Arte Visiva e Discipline Architettoniche abilitandosi allʼAccademia di Belle Arti di Brera di Milano. Dal 2014 è direttore artistico e insegnante di scultura  alla Scuola dʼArte 1894 di Cabiate. Attualmente insegna allʼIstituto Agrario di Limbiate.

MOSTRE PERSONALI

2020

- Mostra collettiva, murales in Galleria, Circoloquadro, Milano, 2020

- Disordinatamondo, animazione mito nella natura, con E. Mason Agliate MB,

2019

- Space basket, design per “AwardFurniture”, Villa del Grumello, Cernobbio

- Niriccio, Land Art con Liberisogni, Università del Bosco, Lecco 2019

- Trait dʼUnion, Biennale New York

 2018

- Country Art, progetto laboratorio costruzioni con bastoni, Limbiate MB

- On the Road, laboratorio di pittura in via Roma, Udine.

2017

- Art Is Now, mostra personale al Sole 24 Ore Milano

- ComOn, Art Project, Villa del Grumello, Como. 

2016

- Artisti per la Palestina, Sala del Plenipotenziario, Palazzo Ducale Mantova

2015

- Your Right, Teatro Valle, Roma. 

- Il senso del male, Galleria San Fedele, Milano, catalogo.

2014

- Segmentazione Razionaliste, mostra a cura di Elisabetta Longari, San Pietro in Atrio, Como

- Mostra Personale, Villa Giulia, Pallanzo, Verbania. 

- Tracce di un Seminario, Assab One, a cura di Roberto Pinto e Anna Daneri, Milano.

2013

- Real Time, Act On, Studio Dieci Citygallery, Vercelli.

- Estetica della Resistenza, con Studio Trickster, Alfredo Jaar e Fondazione Antonio Ratti, Como
 

2012

- Cadeau, La Fenice Gallery, Venezia.

- Masai Art Factory, Assab One, a cura di R. Pinto, G. Scardi, G. Marconi, L.Matino, Milano.  

2011

- Seek Refuge, Biennale di Architettura,/Accademia di Belle Arti, Venezia. 

2010

- Concetto Chiuso mostra personale, Teatro San Carlo, Milano.

- Fili Spezzati, Miniartextil, Spazio ex Ticosa, a cura di Luciano Caramel, Como.

2009

- Opinioni di un Clown, Ass. Sacchi Onlus, testi di L.Caramel, M.Casati, Milano

- Talk to the City, Fabbrica del Vapore/Careof, Milano.2009

2008

- Floating House, Molo di S. Agostino, con Fondazione Antonio Ratti, Como.

2007

- Trait dʼUnion, Tufano Studioventicinque, a cura di Giovanni Bai, Milano. 

2006

- Roman Keller, Concept Closed, Heidelberg, Germany (mostre collettive). 

PERFORMANCE DI TEATRO E DI STRADA

- Teatro dellʼOppresso con Vitaliano Caimi, Ass. Veronica Sacchi, Milano 

- Seminario di clowning con Dott. Patch Adams Vimercate MB

- Teatro col metodo di Paulo Freire a cura di Don Gino Picciu,Asti. 

- Spettacolo di Teatro di Figura, “Sipario dʼOrba” , Silvano dʼOrba,  Alessandria.  

- Teatro con The Living Theatre “Mysteries and Smaller Pieces” a cura di JudithMalina, Tarcento UD.  

- Spettacolo di mimo a cura di Antonio Brugnaro, “Quelli di Grock”, Milano.

- Gag e magie con il clown Calimerò, Milano.

- Teatro di Figura “Circus of the Americas” a cura di Bread and Puppet, TeatroCrt, Milano.  

VIDEO

- Memoria assedio Sarajevo video della mostra dai documenti diPiero del Giudice.  

- Bombe intelligenti, video della performance Studio Trickster, yoy tube.

- Partenza-Arrivo, video performance in India, you tube.

- Venti anni di chiusure lampo, documento sullʼarte di Filippo Borella

- Niriccio, Land Art Valgreghentino

- La forza della fragilità, video libri dʼartista Milano

- Corpi scomodi, arte occasionale festival performativo Cantù

- Art Is Now, video mostra Sole 24 Ore Milano

Filippo Borella, partecipante alla VI edizione del “Premio New York” bandito da codesto Ministero, è un artista di grande interesse nellʼattualità della ricerca e della produzione nellʼambito dellʼarte contemporanea.
Caratterizza innanzi tutto il suo lavoro, che già ha avuto importanti riconoscimenti, espositivi e di critica, la bipolarità tra progettazione e invenzione: la prima derivante anche dagli studi di  architettura, disciplina nella quale ha conseguito la laurea; la seconda dalla sua intelligente capacità di affrontare ed elaborare le sue opere non solo con approfondita conoscenza dellʼarte dʼoggi e dei suoi precedenti novecenteschi, dalle avanguardie storiche, nelle sue stesse componenti teoriche, ma con lucida fantasia, non priva di ironia, svolta su di un registro di una“leggerezza” che è risultato della sintesi e della decantazione dei presupposti e degli svolgimenti operativi.
Eʼ su tale linea che Filippo Borella utilizza una pluralità di media, con sinergie, ma anche contrasti, di notevole efficacia, comunicativa e propriamente espressiva sul piano artistico. Elementi tutti che presto sono confluiti nellʼattenzione per la cosiddetta “arte pubblica”, per unʼarte a dimensione urbana non solo nel senso architettonico urbanistico, ma sociale, di aderenza alla vita della città in tutte le sue componenti, anche di degrado, di sofferenza, di ingiustizia e di diffusa indifferenza. Sempre, anche tutto ciò, su di un piano propriamente artistico, nellʼideare, progettare, costruire opere dʼarte. Dove è proprio lʼarte che potenzia il risultato, non la componente pubblica-sociale in quanto tale.
Fondamentale, nel cammino di Borella, è stato lʼincontro con lʼartista Alfredo Jarr nel Work-Shop “Estetica della Resistenza” della Fondazione Antonio Ratti di Como, frequentato nel 2005. Appunto il riferimento allʼopera di Jarr, protagonista indiscusso nellʼ “arte pubblica” internazionale, ha arricchito la sensibilità e le conoscenze, e quindi le prospettive ideative e il lavoro di Borella. Da qui, anche, il progetto Pubblic Bed presentato a questo Concorso. Al quale il giovane artista ha deciso di partecipare anche per la sensibilità vivissima negli USA e in particolare appunto a New York per lʼ “arte pubblica”, dove vivono e operano autori, gruppi e associazioni che, pur da lontano, sono tra i suoi punti di riferimento.

In fede, e con cordialità,
Luciano Caramel

Le Segmentazioni razionaliste di Filippo Borella. Ovvero del Razionalismo come metodo


Coloro che ignorano completamente il problema di architettura rimangono quasi negati alla comprensione, non dico dell’arte astratta, ma di ogni ramo delle arti plasticheMario Radice

La componente razionalista mi sembra abbia nella ricerca di Borella - e non esclusivamente, quindi, nei lavori qui esposti - un ruolo non soltanto essenziale, ma in qualche misura addirittura fondante. Certo, questo è vero solamente se tale sintonia col razionalismo viene considerata non come mera adesione ad uno stile, a un linguaggio, a dei modi rigidi, prestabiliti e quindi codificati, o peggio risolta in una sottesa rigorosa istanza matematica fine a se stessa; essa, invece, va intesa nei termini di una questione di metodo che, quindi, più ampiamente si iscrive in quella tensione, etica prima ancora che estetica, la quale ha innervato di sé la ricerca di Borella, portandolo a coniugare, convincentemente, l'arte con la vita, e proprio per questo collocandosi in una dimensione, un po' paradossalmente, lontana da ogni astrazione.  Nato a Cantù, nel comasco, Borella è cresciuto al cospetto di alcuni dei capolavori del razionalismo lariano, dagli edifici di Giuseppe Terragni e Cesare Cattaneo  alla celebre Fontana di Camerlata, anch'essa come altre opere razionaliste oggetto di una sua curiosa e intelligente rilettura, e ha forse acquisito così, spontaneamente, familiarità con questi capolavori, come con le pitture dei maestri dell'astrattismo comasco (e uso malvolentieri questa definizione, visto che sarebbe forse più opportuno dire semplicemente  astrattismo italiano), quali Carla Badiali, Aldo Galli, Mario Radice e Manlio Rho. 

Credo, però, che altrettanto essenziale sia stato, per la definizione dei modi espressivi e soprattutto della intenzionalità profonda nel fare arte di Borella, il tempo della formazione accademica, che è avvenuta nelle aule della facoltà di Architettura. Tale esperienza lo ha indubbiamente  avvicinato alla “cultura del progetto”, la quale, con tutta la ricchezza e l'articolata complessità che porta con sé,  è rimasta sempre alla base del suo impegno artistico, pragmatico e concreto, tradotto spesso in intervento diretto nel reale e, pur nella coerenza di fondo, originale e mai irrigidito in formule pregiudiziali. La razionalità, insomma, come metodo e non come codice da seguire, un po' secondo il modo in cui ho sempre inteso le parole di Mario Radice che ho voluto sopra ricordare. E non necessariamente, quindi, da leggere in chiave di grande utopia. Un metodo che si rivela fondamentale per chi, come Borella, pur stante la chiara matrice concettuale che innerva il suo lavoro, proprio concependo la prassi artistica come azione e non strettamente come produzione di opere, che pure egli realizza, porta avanti da anni una ricerca sempre compromessa col fare, profondamente dentro le cose, caratterizzata da una necessità continua di confrontarsi direttamente con la realtà, per poter così incidere a fondo in essa. Questa dimensione, scevra da minuziosi schemi anzi libera di reinventarsi ogni volta, consente a Borella di tenere una posizione di  apertura fertile e ricettiva, che lo vede sempre pronto alla naturalezza della verifica sul campo e che niente affatto contrasta con quella leggerezza, quell'ironia, attraverso le quali l'artista ha sempre saputo intelligentemente declinare il suo lavoro, con un atteggiamento che non si ascrive certo a spicciola superficialità, quanto piuttosto alla solidità che deriva dalla chiarezza con cui egli affronta il suo fare, una fermezza che gli consente anche di scherzare. L'ironia, in fondo, è  il migliore strumento a disposizione di chi affronta con grande consapevolezza la vita. Come dimostrano le sue, riuscitissime, “segmentazioni”, nelle quali è protagonista la zip. Essa si presenta come una soluzione linguistica, e per conseguenza anche formale, che con quell'accento pop, non privo di chiaro spirito ludico insito nell'idea di usare un oggetto tanto comune, si rivela, di fatto, molto più di una trovata. Anzi, è ciò che fornisce una chiave interpretativa dell'intero suo lavoro. Ben ha messo in luce Elisabetta Longari la valenza della zip come dispositivo che attiva in qualche misura l'opera, ponendo anche lo spettatore in un nuovo ruolo, maggiormente compartecipativo. Preferisco, quindi, soffermarmi a riflettere brevemente su quale sia, invece, l'importanza di questa scelta per quello che riguarda la concezione, prima ancora che la realizzazione, dell'opera poiché mi sembra che l'uso di questo dispositivo risponda pure ad una esigenza di analisi, di riflessione sul linguaggio. Soffermiamoci anzitutto sul procedimento con cui Borella realizza questi lavori. Come sempre, egli dedica una minuziosa attenzione a ogni particolare: vala la pena di ricordare che spesso il nostro autore utilizza materiali e strumenti appositamente realizzati e ragiona con metodo preciso, tanto che le forme, in molti casi, sono costruite sulle ben definite proporzioni della sezione aurea. Tale componente analitica ritorna, in alcuni casi, più esplicitamente. Penso a quei lavori in cui l'artista rilegge, apertamente,  la pittura di grandi maestri, che sono per lui sono, e sono stati, dei punti di riferimento: oltre agli astrattisti italiani, Fontana, Mondrian e altri protagonisti del neoplasticismo e del concretismo. Si tratta di “omaggi”, senza dubbio, ma pensare a queste opere soltanto in questi termini sarebbe, credo, alquanto limitante. Esse, più propriamente, vanno intese come delle riflessioni, agite nella pratica della prassi artistica e non in sede teorica, e al contempo anche delle verifiche della tenuta espressiva e concettuale del linguaggio di questi maestri. Pensiamo, per esempio, tra le opere qui presentate, a Ad angolo (Omaggio a Mario Radice) e Ad ovo (omaggio a Carla Badiali). La costruzione iconografica è particolare: Borella non realizza semplicemente opere ispirate ai lavori di questi artisti e nemmeno compie una operazione di citazione in senso stretto. Più precisamente, egli sembra ragionare sui meccanismi sottesi alla costruzione formale di quei dipinti, al lessico e alla sintassi che li caratterizzano. Procede isolando una parte dell’immagine  originaria, facendone quasi un “riassunto”, astraendo e mettendo in  un contesto tutto nuovo i segni e le forme che danno vita al linguaggio degli autori. E in queste composizioni egli interviene sottolineando i punti di snodo e  le linee di forza attraverso l'inserimento della zip, caricando così di energia nuova l'immagine, suggerendo opportunità di inedite aperture spaziali, intese in senso letterale grazie alla zip, laddove un moto dinamico era solo evocato: in un dialogo continuo, l'omaggio ai maestri diventa una dialettica serrata, incentrata sulle forme e sui linguaggi. Borella reinterpreta un procedimento che  - al di là del mero risultato iconografico – risulta essere ancora attuale, proprio per quel suo darsi come efficace modalità di composizione dell’immagine. E sul piano del metodo, quindi, Borella ben si colloca sulla linea della tradizione aperta da quei maestri, certo senza indulgere a superficiali nostalgie, anzi riconoscendo nel confronto con essi la ragione profonda del suo fare.

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